"La
Patagonia occupa tutti i miei pensieri \ La Patagonia è una patria
dell’anima e dello spirito. La si può riempire interamente delle
proprie chimere." Jean Raspail
"La Patagonia si addice all’immensa
tristezza degli uomini." Blaise Cendrars
Il mio primo impatto con il Sudamerica è Buenos Aires; un misto di
New York; Cuba e Parigi. Immigrazioni passate; capitali stranieri e
molta povertà fanno di questa metropoli un interessante crogiuolo di
razze; stili architettonici; costumi e...problemi. Non caotica;
frenetica solo nelle ore di punta; l’apprezzo per quello che sa
trasmettermi; ma è pur sempre una metropoli. Alloggio in una piccola
pensione insieme a famiglie ucraine immigrate e argentini. Ci si deve
adattare se si vuole viaggiare spendendo poco; ma così è più
interessante; ci si cala nella vita dei barrios e si
fanno incontri interessanti. Tutti mi avvertono cuidate! (stai
attento!); ma andando a piedi non ho problemi. Una buona
metropolitana; strade larghe; ortogonali; si gira bene. In 4 giorni
organizzo la rotta verso sud. In treno fin dove arriva la ferrovia
(leggo sui giornali di un progetto per costruire il Ferrocarril
Transpatagonico; con finanziamenti canadesi; una novità gradita se
non produrrà danni ambientali). La seconda tappa; 12 ore di treno; è
Bahia Blanca. Girovagando ti accorgi che qui tutti bevono mate; yerba
mate è l’erba; mate è la tazza. Guidano e bevono; camminano e
bevono; chiacchierano e succhiano dalla bombilla (cannuccia con
filtro) questo infuso dolce o amaro a scelta. E’ buono; contiene
potassio e magnesio; insomma un integratore naturale. Poi via verso
Viedma e Carmen de Patagones; la porta per la Patagonia; sul rio
Negro (provincia di Rio Negro). Cieli bassi e pampas infinite (foto a
destra); una steppa fatta di bassi arbusti; ciuffi d’erba e un
vento che soffia continuamente. Ogni tanto appare qualche guanaco
curioso; sparuti nandù e molti rapaci: buon segno. Poi in autobus
(che qui si chiama colectivo) lungo la Ruta 3; che corre da Buenos
Aires alla Terra del Fuoco. Arriviamo a Viedma nei cui pressi c’è
una loberia (foto sopra); una spiaggia gremita da migliaia di otarie
(lobos). E’ l’epoca dell’allattamento; ci sono gli harem con un
maschio; alcune femmine e tanti piccoli. Starei a osservarli per ore
ma Giove pluvio mi fa subito capire che non scherza. Qui il tempo
cambia molto in fretta. Monto velocemente la tenda e si scatena un
temporale terribile con un vento pazzesco. E’ la prima avvisaglia
di quello che mi aspetta più a sud. Ma poi avrò la sorpresa che la
mia buona stella mi assiste: 20 giorni filati di sole. Solo vento; ma
il vento mi piace; mi aiuta a pensare. Arrivo finalmente nella
Peninsula Valdes; tanto sognata e finalmente raggiunta; paradiso
naturalistico affacciato sull’Atlantico (temperatura media annuale
19 gradi; grandi insediamenti di otarie; balene e pinguini nonché
orche marine; elefanti marini; fenicotteri; aironi; tutti a portata
di mano) e mi insedio nel campeggio di Puerto Piramides (cento
chilometri a est di Puerto Madryn; 170 da Trelew capitale della
provincia del Chubut). Nel periodo di riproduzione delle balene ci
arrivano anche 8mila visitatori al giorno a osservare le evoluzioni
dei grandi cetacei. Adesso la balena franca australe è al largo dei
mari antartici e qui al massimo ci sono un centinaio di persone.
Meglio così; sono in cerca di tranquillità; per le balene ci sarà
un’altra occasione. In mancanza di auto propria; se voglio visitare
tutta la penisola devo per forza accodarmi a un gruppo organizzato.
Cammino in mezzo a questi giganti del mare; ognuno pesa 2.500 chili o
più: nella stagione riproduttiva ce ne stanno anche 42mila sulla
spiaggia. Anche la fauna...umana è interessante; tutto si dimostrano
molto ospitali. Si parla un po’ di tutto; di Europa; di problemi
argentini; di lavoro (che qui è poco); o si va a mangiare dal
guarda-fauna e dopo cena a giocare a dadi con la signora che gestisce
la locanda. Accade perfino che in libreria mi regalano un libro.
Succedono cose interessanti a chi viaggia da solo come quando a
Buenos Aires ero senza moneta spicciola e l’inserviente del metrò
mi ha aperto il cancelletto con un sorriso. (1- continua)